Contratto di locazione e COVID-19, spunti operativi.

Inutile nascondersi, la situazione attuale è grave. Le ripercussioni dovute alla situazione determinata dall’incidenza sulle attività umane del Covid-19, saranno forti anche dal punto di vista giuridico, non poche sono le problematiche che dovranno affrontarsi.

Il presente intervento, senza avere pretese di dogmaticità, vuole essere uno spunto di riflessione per affrontare giuridicamente le problematiche connesse al contratto di locazione.

Più che per il contenuto della disciplina vigente, l’emergenza COVID-19 porta l’interprete a rimarcare in modo più accentuato la differenza concettuale e di protezione, prevista per le due tipologie: locazione ad uso abitativo e ad uso diverso.

La normativa è muta, nulla viene previsto, né si riscontrano in letteratura interventi sul punto, né tanto meno precedenti giurisprudenziali per il caso di epidemie conclamate.

Le fattispecie normative civilistiche nelle quali si fa riferimento a situazioni generali di fondato timore per la salute pubblica e simili, riguardano prevalentemente gli atti di ultima volontà (testamento speciale artt. 609 e seguenti cod.civ.).

Spetta quindi all’interprete navigare a vista tra la normativa e i principi generali in materia contrattuale, nello specifico sulla impossibilità dell’adempimento e la sua imputabilità.

E’ chiaro che il punto di partenza debba sempre essere il contemperamento di interessi tra le parti contrattuali.

L’ipotesi di locazione di immobili ad uso diverso dall’abitativo, sembra di più pronta e facile soluzione per i motivi che si espongono.

La maggior parte degli esercizi commerciali è chiusa a causa delle misure di contenimento COVID-19.

Le difficoltà economiche delle aziende sono evidenti, ma il dato normativo può soccorrerci in questa situazione?

Ritengo si possa fare riferimento alla ratio degli artt. 1256 com. II, 1258 e 1464 cod.civ., non soccorre al riguardo la disciplina della L. 392/1978 all’art. 27 (equo canone), prevedendo il recesso con preavviso di sei mesi, ma l’obbiettivo deve esse quello di consentire il perseguimento dell’attività di impresa.

Si riporta la massima di una pronuncia della Cassazione n. 16315/2007, la quale, ponendo attenzione alla causa concreta ed alle prestazioni poste a carico di ognuna della parti, rileva come: la prestazione, benché astrattamente eseguibile, non sostanziava gli interessi delle parti (si trattava di un contratto di pacchetto turistico tutto compreso, per il quale si invocava la risoluzione per impossibilità, in un primo momento qualificata dal Giudice di merito come impossibilità sopravvenuta parziale, corretto poi in motivazione dal Giudice di legittimità, riconducendo il tutto nell’impossibilità totale per il creditore, di utilizzazione della prestazione programmata).

L’impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del consumatore creditore per causa a lui non imputabile, pur se normativamente non specificamente prevista, è da considerarsi causa di estinzione dell’obbligazione, autonoma e distinta dalla sopravvenuta totale (di cui all’art. 1463 c.c.) o parziale (prevista dall’art. 1464 c.c.) impossibilità di esecuzione della medesima. (Nella specie, la S.C., ravvisando come conforme a diritto il dispositivo dell’impugnata sentenza, nel limitarsi a correggerne la motivazione nella parte in cui il giudice del merito aveva ritenuto che ricorresse un’ipotesi di sopravvenuta impossibilità parziale dell’esecuzione della prestazione anziché della sua utilizzazione, ha confermato la legittimità della pronuncia di scioglimento del contratto di package avente ad oggetto un viaggio vacanza di due settimane per due persone a Cuba, essendo in atto sull’isola un’epidemia di dengue emorragico, sicché i turisti, in accordo con l’agenzia di viaggi, avevano optato per diversa destinazione, nonché la correttezza della statuizione di rigetto della domanda di pagamento dell’indennità per il recesso formulata dal tour operator).

Tornando a noi, l’art. 1571 c.c. definisce il contratto di locazione come quel negozio con cui una parte ( locatore ) si obbliga nei confronti di un’altra ( locatario ) a far godere un bene mobile o immobile per un dato tempo e dietro corrispettivo determinato. La normativa speciale, prevede particolari tutele per la locazione di immobili ad uso abitativo o diverso.

Partendo dal presupposto che l’azienda non abbia interesse a recedere dal contratto, le misure di limitazione all’esercizio dell’attività di impresa, se da un lato privano di introiti l’azienda il cui esercizio è precluso, dall’altro non consentono di affermare che l’imprenditore non tragga una utilità dalla locazione. Non si può infatti prescindere dal fatto che i locali aziendali, ove locati, costituiscano comunque un vantaggio patrimoniale per l’impresa. Questa infatti, può utilizzare i medesimi come ricovero per le proprie attrezzature e beni strumentali all’esercizio dell’attività commerciale.

La sospensione del canone di locazione – non estinzione dell’obbligazione -, potrà essere proposta dal Governo al legislatore o raggiunta dalle parti, ma parlare tout court – in assenza di alcun provvedimento specifico – dell’applicazione della normativa relativa all’impossibilità sopravvenuta della prestazione 1467 c.c., di guisa che nulla sia dovuto (derivandone l’estinzione del rapporto e della relativa prestazione pagamento del canone) con un recesso legittimo, lo reputo improprio, oltre che forviante (quale sarebbe la forza che impedisce il pagamento? In cosa differisce lo stato di cose che viviamo da una crisi economica? Se l’azienda ha liquidità potrebbe far fronte al pagamento del canone), atteso che l’interesse della stragrande maggioranza delle imprese è quello di proseguire in seguito l’attività.

Una ipotesi assimilabile è quella del terremoto con conseguente distruzione del fabbricato. Non essendo più idoneo il bene a quanto divisato dalle parti in contratto (tanto come oggetto mediato quanto immediato del negozio), in questo caso non vi sono dubbi circa una risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile, con estinzione dell’obbligazione posta a carico di ambo le parti.

Il caso con cui siamo chiamati a confrontarci è però differente.

Di per sé l’obbligazione di entrambe le parti non è più possibile per come divisata originariamente, seppur per un periodo di tempo limitato. La locazione ad uso diverso dall’abitativo, con la precipua finalità di potersi esercitare una attività commerciale, culturale o professionale, incontra il limite di un provvedimento ostativo, che non dipende dall’idoneità o meno dell’organizzazione aziendale predisposta dall’imprenditore, né dalla volontà del locatore, ma da un atto d’imperio dello Stato.

Si coglie quindi la differenza rispetto alla fattispecie terremoto, tuttavia gli interessi in gioco debbono essere composti dall’interprete e non si dubita che la linea da seguire sia quella qui proposta.

Ritengo preferibile addivenire ad un accordo che riduca il canone di locazione per immobili ad uso diverso dall’abitativo in misura ragionevole, soluzione questa che sembra equa nell’equilibrio contrattuale ed attinente al dato normativo.

Può soccorrere sul punto la ratio dei citati artt. 1256 com. II, 1258 e 1464 cod.civ.

Il conduttore e locatore infatti, avranno interesse a proseguire il rapporto, ma allo stato attuale non potranno far fronte alle proprie reciproche obbligazioni contrattuali, per causa a loro non imputabile.

Se da un lato abbiamo un conduttore azienda, privata dalla possibilità di esercizio della sua attività di impresa (parzialmente o totalmente), dall’altro il locatore non può, per provvedimento dell’autorità legato alle misure COVID-19, consentire il godimento e pieno utilizzo dell’immobile locato per come pattuito, potendo essere utilizzato lo stesso solo parzialmente, in modo differente rispetto a quello convenuto dalle parti del contratto di locazione. C’è una forza esterna che impedisce l’esecuzione del contratto come invece in precedenza stabilito, ma una esecuzione parziale è comunque possibile.

Se ne converrà quindi, come la soluzione più ragionevole ed attinente al dato normativo (ove non si opti per una risoluzione o recesso, da valutare caso per caso visti i profili citati della temporaneità e con rischio che essa venga poi riqualificata nel nomen come una vera e propria disdetta, con pagamento dell’indennità pari a 18 mensilità dovuta ex lege), sembrerebbe quella di una impossibilità parziale della prestazione, che grava su ambo le parti, con la conseguente riduzione del canone pattuito, come soluzione preferibile e più equa.

Si segnala inoltre come l’art. 65 Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 , preveda un credito d’imposta pari al 60% per i contratti di locazione ad uso diverso dall’abitativo avente come locatarie imprese, indicazione legislativa che pare in linea con quanto sopra esposto.

Altra soluzione sarebbe quella di sospendere il pagamento del canone e procrastinarlo ad una data ulteriore. In tal caso si utilizzerà lo strumento convenzionale del termine di adempimento dell’obbligazione, che verrà rinviata a data successiva quanto all’esecuzione. Tuttavia si precisa che in tal caso, sarà dovuto l’intero canone, benché successivamente, con possibilità di applicare, salvo volontà contraria, l’interesse legale.

Molto più complicata per diversi aspetti è la problematica relativa alla locazione di immobile ad uso abitativo.

In questo caso, non si può imputare un inadempimento né al locatore, né del conduttore, ma la situazione di oggettiva difficoltà, vista la rilevanza sociale e la maggiore tutela espressa dal legislatore per il contratto ad uso abitativo, fa auspicare – oltre che ritenerlo prevedibile – un intervento legislativo sul punto, benché a carattere temporaneo, anche attraverso misure di sostegno economico.

Ci si augura inoltre che il legislatore intervenga a tutela dei lavoratori autonomi e della categoria dei liberi professionisti, in special modo gli Avvocati, per i quali sembrano tutt’altro che remote conseguenze fortemente negative data la situazione generale.

Avv. Nunzio Distefano